Cirò
Città del vino e del Calendario
Cirò è un comune italiano di circa 2500 abitanti della provincia di Crotone, in Calabria. Fino al 1952 ha avuto
come frazione Cirò Marina.
I rilevanti reperti archeologici
emersi, in specie, resti di armi, manufatti, mura e tombe, risalenti ad un
periodo compreso tra il XIII e X sec. a.C. ,venute alla luce nelle contrade
"Cozzo Leone", "Sant'Elia" e "Serra Sanguigna",
fanno risalire l'origine della storia millenaria di Cirò, all'età del Bronzo. Ma è tra il VII e VI sec. a.C.,
con l'arrivo di coloni greci, verosimilmente crotoniati, che venne intensamente
popolato e fortificato l'antichissimo e preesistente centro italico, dando così
vita alla città magno-greca di Psycròn originariamente e in un secondo
momento Krimisa.
Secondo il mito sarebbe stata
fondata da Filottete: nella mitologia greca era un eroe che ottenne in premio
da Eracle l'arco e le frecce avvelenate con cui partì per Troia a capo di sette
navi. Dopo la guerra di Troia, scacciato dalla patria a seguito di una
insurrezione, giunse in terra di Enotria e fondò le colonie Petelia, Macalla,
Krimisa (Cirò Marina) e Chone, odierna Cirò. Prima di morire, consacrò il suo
arco e le frecce ad Apollo, facendo costruire a Krimisa, il tempio di
Apollo Aleo, sito in Punta Alice. Durante le guerre puniche la
città di Krimisa fu predata e saccheggiata ad opera dei Romani e dei
Cartaginesi e distrutta diverse volte durante le guerre greco-gotiche.
A causa di tali devastazioni e
saccheggi, la città, nella parte costiera, fu gradualmente abbandonata al suo
destino e gli abitanti si rifugiarono sulle colline che rappresentavano
un'ottima posizione strategica, contribuendo così a ripopolare il nucleo
antichissimo dell'attuale cittadina di Cirò.
STEMMA DI CIRO'

Lo stemma di Cirò rappresenta 3 monti verdi
in campo azzurro. I monti alludono alla posizione del paese che è tra
colli alberati. Nel centro, che sta ad indicare il colle sul quale Cirò fu
costruita, è posata una gru che becca col rostro ed immobilizza con la zampa un
serpente nero screziato. Il serpente raffigura i saraceni e i turchi che per secoli hanno tormentato la
popolazione cirotana. La gru simbolo della vigilanza, invece, allude al popolo
di Crimissa-Paterno che, dopo avere abbandonato le pianure marittime, è salito
sui colli dove continua, appunto, a vigilare.
Sullo stemma si legge il seguente
motto: DEVORAT
HAEC ROSTRO PERVIGILATQUE PEDE. Pervigilat
pede denota l'
accortezza della gru che valicando il mare tiene in branca un sassolino che
allora si lascia scappare quando deve scandagliar sito fermo ove poter posarsi.
LE PORTE DI CIRO'
La struttura dell'attuale centro antico è stata in buona parte disegnata agli inizi del Cinquecento per opera dei feudatari Carafa, i quali costruirono una cinta muraria che circondava l'antico abitato di Cirò con quattro porte: Mavilia, Scezzari, Cacovia, Falcone.

PORTA MAVILIA: La Porta Mavilia, di cui rimangono frammenti dell'arco demolito, era la principale porta di accesso al paese e sorgeva ove ha inizio l'attuale Corso Lilio. Nella parte interna, coperta a lamia, vi erano dipinti i Santi protettori: San Francesco di Paola e Sant'Antonio; all'esterno vi erano raffigurati lo stemma del Sovrano al centro, quello del Feudatario a destra e quello della Università (Comune) a sinistra.
PORTA SCEZZARI: La seconda porta, ubicata lungo via Casoppero, prende il nome dai soldati svizzeri detti volgarmente "scezzari" che, dopo avere cinto d'assedio il paese per lungo tempo, alla fine vi irruppero. Si accese allora una violenta mischia ed i cittadini respinsero dall'abitato con veemenza i nemici che si dettero a precipitosa fuga da tale porta. Sul prospetto esterno della porta vi erano dipinti gli stemmi del Re e del Feudatario. Su quello interno lo Spirito Santo, San Rocco, San Leonardo, San Francesco di Paola, Sant'Antonio e la Concezione.

PORTA CACOVÌA (CUCCUVIA): è ubicata alla fine di via Dante Alighieri, nel rione Valle. Prende il nome dalla stretta e malagevole strada che bisognava percorrere per giungervi. Infatti, sono ancora visibili sulla porta due iscrizioni: una greca in mattone cotto, l'altra in latino su pietra. Una in relazione alla cattiva e malagevole strada per giungervi, l'altra all'amenità ed alla bellezza del sito, da non cambiarsi con altro. Nell'interno vi erano raffigurati San Giuseppe e San Nicodemo.
PORTA FALCONE (FRACCUN): Della quarta porta, quella di Falcone, che sorgeva nella parte più bassa del paese, un tempo abitata dagli Ebrei, purtroppo non rimane alcuna traccia, essendo stata completamente demolita. Nella parte interna, coperta a lamia, vi erano raffigurati San Francesco e Sant'Antonio.
Le porte, nei secoli bui, venivano vigilate di giorno e di notte dai soldati che le sbarravano nei momenti di pericolo. Non sempre i difensori riuscivano a fermare i nemici che a volte irrompevano nel paese e, dopo averlo saccheggiato, ritornavano carichi di preda alle navi che issavano i verdi vessilli.
BASTIONE CANNONE

All'interno del sistema di difesa
va citato sicuramente anche il bastione Cannone, l'antico bastione di guardia
medievale. E' tra i pochi monumenti dell'architettura medievale del 1400 (XV
secolo), rimasti in Calabria e per la sua rara forma pentagonale ha un grande
valore nazionale. Strategica la posizione del bastione che occupa uno dei punti più alti del borgo. Proprio questa posizione permetteva a Cirò di difendersi dagli attacchi dei barbari, prevedendone l'arrivo e difendendosi in caso di arrivo imprevisto.
CASTELLO DI CIRÒ
Pare che il maniero fu edificato, almeno il piano terra, nel 1496 dal Conte Andrea Carafa, conte di Santa Severina e feudatario di Cirò, ma fu il nipote Galeotto a far costruire tutto intorno il muro di cinta che lo avrebbe protetto dalle incursioni Saracene.

Il castello è situato nel centro cittadino e domina Cirò con la sua struttura. Venne costruito affinché Andrea Carafa potesse trovarvi riparo in occasione delle frequenti guerre tra feudatari e Re e potesse resistere all'interno in caso di incursioni barbariche.
Il castello presenta una forma trapezoidale e ai quattro vertici ci sono delle torri circolari. Esso è suddiviso in tre livelli, di cui una sotterranea e due fuori terra. Entrando vi si trova un androne dal quale si accede nell'ampio cortile intorno al quale c'è il piano superiore con due grandi appartamenti e altre camere per la servitù.
Il lastricato del cortile, interamente costruito con pietra locale, presenta uno schema geometrico: una stella a nove punte inscritta in un cerchio. Attorno al cortile vi sono invece magazzini e stalle. Il piano sotterraneo si presenta come un labirinto al quale si accede ad una porta che immette in una scala di passaggio, ora murata per preservare il luogo da atti vandalici. Questi ambienti sotterranei hanno sempre suscitato nel popolo un timore reverenziale. La tradizione narra di corridoi segreti, prigioni lugubri, trabocchetti sparsi all'interno delle vie sotterranee ed un passaggio segreto che collegava il castello con il Palazzo Sabatini che dista circa 10 km.
Il castello subì nel corso dei secoli, vari passaggi di proprietà da un barone ad un altro. Nel 1526, morto senza eredi diretti a Napoli Andrea Carafa, gli successe il nipote Galeotto, figlio di Cola, il quale venne ad abitare nel castello con la moglie la principessa Deianira d'Aquino. A Galeotto successero altri due feudatari: Raffaele de Mari e Pino Spinola. Nel 1545 divenne signore di Cirò Pirro Antonio di Abenante, signore di Calopezzati. Successivamente fu venduto a Don Giovanni Vincenzo Spinelli, la cui famiglia ne ebbe il possesso per due secoli fino alla sua ultima erede Mariantonia Spinelli. Nel 1735 fu ospite del castello Re Carlo III di Borbone accompagnato dal principe Orsini, nipote del papa regnate. Ci fu anche Lelio Carafa dei conti di Matalone che accompagnavano il Re a Palermo per ricevere a corona di re di Sicilia. Ciò può far intendere quanto sia stato importante e attivo il Castello in quel periodo.
A maggio del 2017, il Castello è diventato completamente proprietà del Comune di Cirò e la sua destinazione futura, dopo il recupero e il restauro, dovrebbe essere quella di sede dell'Enoteca Regionale Casa dei Vini di Calabria.